giovedì 7 maggio 2009

Lasciateli lavorare

Dieci anni fa quattro componenti di un’agenzia operante in Vietnam e specializzata nel recupero di oggetti appartenenti al passato vennero condannati ingiustamente da un tribunale militare. Evasi da un carcere di massima sicurezza si rifugiarono a Los Angeles vivendo in clandestinità. Sono tuttora ricercati, ma se avete un ricordo che nessuno può confermare e riuscite a trovarli, allora potete ingaggiare i famosi CanidaRiporto.

Lasciateli lavorare

Un mese di assenza. Sarà passato inosservato? Spero proprio di no, perché noi quest’ultimo mese ce lo ricorderemo per un bel pezzo. Abbiamo avuto la polizia alle calcagna, gli agenti del fisco alla porta, i vicini di casa alla finestra, le teste di cuoio sul retro, i venditori di enciclopedie al citofono, i cecchini sul tetto di fronte e come se non bastasse è venuta a trovarci mia madre con l’aspirapolvere a tracolla. Una situazione davvero sgradevole, ma cosa potevamo fare?Consegnarci alle autorità? Cercare lo scontrino della pizza? Aprire il cancello e comprare un’enciclopedia? No dai, non scherziamo, abbiamo fatto quello che ogni persona (pardon, cane) armato di buon senso avrebbe fatto, ovvero: invocare l’aiuto di un supereroe.

Quindi, abbiamo diffuso nell’etere il nostro grido (pardon, ululato) di aiuto e atteso tra le grinfie dei nostri potenziali carnefici che arrivasse uno dei tanti uomini in costume sulla piazza. Che ne so, l’Uomo Ragno per esempio, oppure Superman toh! Sarebbe andata di lusso con Wonder Woman (anche gli occhi vogliono la sua parte). E invece, chi ti arriva? Ralph Supermaxieroe! Ve lo ricordate? Ma sì, l’insegnante Ralph Hinkley, colui che in un giorno di immensa fortuna (o sfortuna?) riceve da dei fantomatici alieni uno stupendo costume rosso in grado di conferirgli poteri sovraumani. Peccato che perda il libretto di istruzioni e non riesca ad imparare ad usarlo! Quante botte sulle facciate dei palazzi, quanti atterraggi imbarazzanti, ma siamo proprio sicuri che si possa annoverare nell’albo dei supereroi? Insomma però, utilità zero e va bene, ma simpatia dieci, come non tifare per lui? Anche la comunità europea pare in procinto di riabilitarlo
ai voli intercontinentali.

Fatto sta che il povero Ralph non è riuscito nell’impresa di salvarci e così c’è toccato attendere che calassero le tenebre e accendere il faro sul tetto, sicuri che Bruce Wayne non avrebbe tardato ad arrivare col fido Robin (“fido” mi pare molto appropriato come termine per definire
Robin). Tuttavia, anche in questo caso c’è stata una bella (in senso lato) sorpresa: si sono presentati due tipi che sembravano appena scesi da un carro allegorico! È stato un po’ come vedere uno di quei film dove ci sono quei due finti Bud Spencer e Terence Hill, che tristezza! Ma no, in fondo Adam West e Burt Ward sono stati due splendidi Batman e Robin: atletici, astuti, quasi telepatici tra loro, praticamente imbattibili! Ecco, diciamo solo che li avrei visti più volentieri negli episodi della famosa serie televisiva andata in onda per la prima volta il 12 gennaio del 1966 (chiedere a papà) e che ha imperversato nei palinsesti delle tv di mezzo mondo per almeno tre decenni. Come non ricordare i “Bam”, i “Pop”, gli “Zam”, gli “Zack” in sovrimpressione durante le scazzottate? Come dimenticarsi della favolosa “Bat-mobile” o della
comodissima “Bat-ricetrasmittente”? E dove li vogliamo mettere i cattivissimi Joker e Penguin? In galera ovviamente, ma cosa dire di noi, giunti a questo punto? Ci sono toccati due attori con tanta buona volontà, tutto qui.

Allora, visto che le cose andavano per le lunghe, ho deciso di prendere il gatto per la coda (quanto mi piace!) e fare una telefonata ad un amico: Andrew Clements. Come sarebbe a dire chi è? Vabbè, non avrà più quattordici anni, ma è pur sempre Il mio amico Ultraman della famosa serie televisiva canadese. A Andrew (Jerry O’Connell per chi non lo sapesse) non serve alcun costume: gli bastano un paio di jeans, una maglietta e il suo sorriso a trentadue denti sbiancato a dovere! Un superbravoragazzo insomma, che come tutti ha per amico un dottoreinventore-chimico e come tutti sa cos’è un raggio fotonico (H725 insegna!): i suoi super poteri arrivano proprio da lì, da un’accidentale esposizione.

Adesso vorrete sapere se è stato lui a salvarci, se alla fine tutto questo via-vai di supereroi dismessi ha avuto qualche effetto. Ebbene, no (L’istinto animale ci ha suggerito di fingerci morti sullo zerbino e così ce la siamo cavata)! Ma vi prego, lasciateli lavorare!

Starring: Has Findanken (star canina super addestrata del Drive-In), Tequila (il cane parlante de “Tequila e Bonetti” doppiato dal mitico Ferruccio Amendola), Lassie (il cane che torna sempre a casa) e Flash (il furbissimo cane di Roscoe Picoltrane, lo sceriffo più demente di
Hazard). Canidariporto@gmail.com

mercoledì 18 febbraio 2009

Operazione gola profonda

Dieci anni fa quattro componenti di un’agenzia operante in Vietnam e specializzata nel recupero di oggetti appartenenti al passato vennero condannati ingiustamente da un tribunale militare. Evasi da un carcere di massima sicurezza si rifugiarono a Los Angeles vivendo in clandestinità. Sono tuttora ricercati, ma se avete un ricordo che nessuno può confermare e riuscite a trovarli, allora potete ingaggiare i famosi CanidaRiporto.

Operazione gola profonda

Cari amici, un altro mese di latitanza ci è passato sotto il naso come una misera scatoletta ragù da ripulire ed oggi siamo nuovamente qui a rendervi partecipi delle nostre avventure. E dei nostri guai. Dovete sapere (ma non ditelo in giro) che qualche giorno fa una fantomatica agenzia paragovernativa ci ha coinvolto direttamente in una segretissima operazione denominata “Gola profonda”. Le cose sono andate più o meno così. Giovedì sera eravamo tutti e quattro acquattati nel sottoscala di un condominio sporco e malfamato affamati come Pinocchio nello stomaco della balena e così abbiamo deciso di fare una colletta per farci una bella pizza formato famiglia: una peperoni e salamino abbondante mozzarella. Davvero un’ottima idea. Peccato però, che della pizza non abbiamo nemmeno vista l’ombra (ma com’è poi l’ombra di una pizza?), al suo posto ci hanno consegnato un plico di documenti tutto ammuffito e una busta gialla contenente le istruzioni del caso, che si sarebbe auto distrutta in dieci secondi (non fosse stato che l’ho fatta in mille pezzi in tre secondi netti!). L’agenzia vuole far luce sulla scomparsa dagli scaffali italiani di alcune bevande che negli anni passati avevano fatto breccia nel cuore (e negli stomaci) di milioni di ragazzini e per farlo si rivolge a noi e alla nostra esperienza nel settore. Naturalmente niente si fa per niente: il nostro premio è la fine delle latitanza, la vera libertà, la quale val bene una pizza (anche formato famiglia).

Orbene, bando alle ciance, vi illustriamo subito il primo reperto incriminato: si tratta del mitico succo di frutta Billy. Ha accompagnato le merende di migliaia di giovani negli anni ottanta e se n’è andato lasciandoli traumatizzati nei primi anni novanta (da allora anche le Girelle piangono). Ufficialmente era al gusto arancia (anche rossa), ma il sospetto che del prezioso nettare non contenesse alcuna traccia è davvero molto (molto) forte. C’è chi lo ricorda in un cartoncino metallizzato (parente dell’attuale tetra pack?) e avvolto un leggero cellophane che aveva l’importante compito di preservarne la freschezza. C’è chi sta ancora ridendo a crepapelle per via delle barzellette che raccontava quel ragazzino in una delle sue famose pubblicità. Di certo è stato il primo succo ad avere la cannuccia pieghevole (molto scadente per la verità) e in quegli anni si poteva trovare anche nella fantastica versione “Portabilly”, che consentiva di averlo sempre con sé. Ma allora, perché è scomparso? Che cosa conteneva in realtà? Amianto? Uranio impoverito? Sangue di topo? (ah no, quelle erano le Big-bubble). La verità potrebbe riguardare i coloranti, i quali sarebbero stati giustamente banditi dalla Comunità Europea. Ma allora, perché non sono stati sostituiti? Non potevano spremerci dentro qualche arancia? Non lo sapremo mai, ma pare che qualche brick si trovi tuttora in un polveroso scaffale dell’Area 51.
Del secondo reperto credo invece, che nessuno ne stia sentendo la mancanza: è la Dr Pepper, la bevanda gassata e analcolica più antica degli Stati Uniti (dove è tuttora sulla cresta dell’onda). In Italia ha fatto una breve apparizione tra la fine degli anni ottanta e gli inizi dei novanta (guarda caso proprio quando scomparve Billy) e in internet si possono ancora trovare foto di bottiglie di vetro clamorosamente vuote e terribili racconti di montagne di stomaci in disordine. Forse per quest’ultimo motivo circolano testimonianza piuttosto discordanti sul gusto del miracoloso nettare: “Sapeva di sciroppo per la tosse”, “Era come un misto tra la Coca-cola e un succo di mandorle”, “Calda, era appiccicosa e si attaccava al palato”, “Aveva un gusto dolciastro, meglio il Chinotto”. Si dice che avesse ben ventitre ingredienti diversi e che fosse stata inventata come tonico medicinale (ma non è stato così anche per la Coca-Cola?). Nessun rimpianto dunque, ma come spiegare la misteriosa scomparsa? Un semplice “buco nell’acqua” a livello commerciale oppure anche qui c’è lo zampino della Comunità Europea a caccia di coloranti potenzialmente pericolosi? Questo spiegherebbe anche l’assenza nel nostro mercato di bevande abbondantemente diffuse oltre oceano come la Coca al Cherry, la Cherry e Vaniglia, la Cherry e Cioccolato, la Rosso Fusion (al mirtillo?), quella allo Sciroppo di Mais e quella al sapore (tenetevi forte) di Bacche di Pepe e Panna (bleah!).

Poco male però, anche il terzo reperto ha a che fare direttamente con il mercato italiano e anch’esso risale agli anni novanta: è la One-o-One, la bibita che osò attaccare il consolidato predominio della regina Coca-Cola. La San Pellegrino, infatti, servendosi tra l’altro di una delle più grandi campagne pubblicitarie di tutti i tempi (ve lo ricordate l’attore David Naughton?), lanciò in quegli stessi anni una bevanda dal colore caramello e dalla lattina rossa (guarda caso diventata poi bordeaux), il cui gusto rispecchiava in parte quello della super potenza americana. In pratica si trattava di una cola svampita, che ebbe un discreto successo di pubblico, ma che con ogni probabilità incontrò la dura opposizione del cartello Coca-Cola, la quale, seppur segnata dal confronto con la Pepsi, ne uscì comunque vittoriosa. Nessun colorante incriminato in questo caso, ma un semplice confronto: il Davide di turno è uscito con le ossa rotte dal confronto con il gigante Golia. Che altro dire? Alla prossima dunque! Sperando di potervi dare altre importanti notizie….

Starring: Has Findanken (star canina super addestrata del Drive-In), Tequila (il cane parlante de “Tequila e Bonetti” doppiato dal mitico Ferruccio Amendola), Lassie (il cane che torna sempre a casa) e Flash (il furbissimo cane di Roscoe Picoltrane, lo sceriffo più demente di Hazard). Canidariporto@gmail.com

martedì 20 gennaio 2009

Cos'hai in testa?

Dieci anni fa quattro componenti di un’agenzia operante in Vietnam e specializzata nel recupero di oggetti appartenenti al passato vennero condannati ingiustamente da un tribunale militare. Evasi da un carcere di massima sicurezza si rifugiarono a Los Angeles vivendo in clandestinità. Sono tuttora ricercati, ma se avete un ricordo che nessuno può confermare e riuscite a trovarli, allora potete ingaggiare i famosi CanidaRiporto.

Cos’hai in testa?

Vivere da latitanti è davvero dura ragazzi, soprattutto per quattro cani del nostro calibro, ma grazie all’esperienza accumulata in tanti anni di lavoro all’agenzia e ai generosi aiuti dei nostri fans siamo in grado di cavarcela egregiamente. E poi, come diceva sempre mio nonno, “Non c’è problema che non si possa risolvere con un bel giro di scotch da pacchi”. L’ho ripetuto anche a Ursula, la nostra ultima disperata cliente, che ci ha ingaggiato per convincere il marito a non tagliarsi i capelli come un tronista di Maria De Filippi o come uno squinternato del Grande Fratello. Lei ricorda ben altri tagli, ricorda capigliature all’avanguardia, colpi di phon che facevano di un uomo qualsiasi il macho di un intero quartiere. Pettinature che le forbici odierne hanno ormai dimenticato in nome della moda che cambia in continuazione. Per sua fortuna ci siamo ancora noi CanidaRiporto a riportare alla ribalta il passato per il bene dell’umanità, o almeno di una parte: quella nostalgica.
Per esempio, ve lo ricordate Arthur Herbert Fonzarelli all’anagrafe Henry Winkler? Come no? Fonzie, il grande meccanico e amatore di successo di Happy Days, quello che diceva sempre “Ehiiiiiii!” o “Le ragazze si cambiano, gli amici no!”? Beh, che ne dite di un taglio come il suo: capelli in semilibertà vigilata da una buona dose di brillantina, assistita all’occorrenza da un comodo pettinino estraibile. Davvero superba, ma al marito di Ursula non piace: “troppo retrò”, va bene. Allora, perché non ci affidiamo al grande cinema? Non si deve necessariamente “Spiezzare” qualcuno per farsi i capelli alla Ivan Drago, oh no? L’attore svedese Dolph Lundgren bucava letteralmente il teleschermo in Rocky 4 e un po’ del merito lo si doveva alla sua spazzola bionda piena di gel: nessuno, dico nessuno si è mai permesso di passarci sopra una mano, neanche sua nonna durante le cene di Natale. Era davvero indistruttibile, un pezzo unico, ma Ursula dice che suo marito “è magrolino” e poi “c’è ancora in giro Stallone…”. Ok, ok capisco.

Due belle chiome ce le avevano Pasquale Finicelli e Sebastian Harrison. Come chi sono? Vediamo un po’ se ci arrivate: uno era biondo ossigenato con un ciuffo rosso (e poverino nella versione animata aveva un fratellino coi capelli viola) e l’altro aveva una bella criniera che gli arrivava ben oltre le spalle (anche la sua orrendamente viola nel cartone animato). Ma si, Mirko e Satomi (!) dei mitici Bee-hive, il gruppo musicale innamorato di Licia alias Cristina D’Avena nella prima fiction televisiva di tutti i tempi: Love me Licia, seguita poi da Licia dolce Licia, Teneramente Licia e Balliamo e cantiamo con Licia. Licia permettendo due ragazzi che hanno fatto breccia nel cuore di milioni di teenager, il cui segreto stava proprio nel look: fantastico! Ursula spinge per un Mirko-bis, il marito minaccia l’estremo gesto. Non male come idea! Perché non sfoderare un pelata alla Telly Savalas, ovvero Theo Kojak il mitico tenente dai mille lecca-lecca. La sua era una figura distinta, forse un po’ seria, ma volete mettere la comodità? Niente phon, niente gel e se fa freddo, un bel berretto in pura lana vergine e via! Più veloci della luce. Ursula piange disperata, povera donna è da capire e poi a cosa sarebbe servito spendere tutti quei soldi da Cesare Ragazzi? No, la pelata è proprio da scartare.

Non resta che buttarsi sullo sport. Eh si ragazzi, perché il mondo degli sportivi ci ha regalato perle di straordinaria bellezza, teste originali che in qualche caso precedevano in popolarità l’atleta stesso. Ve lo ricordate Carlos Valderrama? Il calciatore colombiano con quel cespuglione in testa? Era una sorta di Abbatantuono anni 80, soltanto biondo. E le mitiche treccine di Ruud Gullit? Il carnevale di quegli anni ha conosciuto migliaia di improbabili Gullit coi baffoni finti e la faccia patinata, dove sono finiti? Cambiando sport uno difficile da imitare è “Crazy Lucky” meglio conosciuto come Andrea Lucchetta con la sua spazzola in diagonale che disorientava (e che disorienta tuttora chi ci parla assieme) gli avversari. Me li ricordo ancora adesso, spaesati sotto rete a cercare di capire da che parte stava girando la testa. Che fenomeno! Ursula appare raggiante e il marito molto rassegnato: ci fissa con due occhioni tristi che implorano pietà. Sembrano dire “Portatemi con voi…”. Ma non si può, mi dispiace. Noi saremo dei latitanti per il resto della nostra vita e tu il nuovo Lucchetta! Adios!

Starring: Has Findanken (star canina super addestrata del Drive-In), Tequila (il cane parlante de “Tequila e Bonetti” doppiato dal mitico Ferruccio Amendola), Lassie (il cane che torna sempre a casa) e Flash (il furbissimo cane di Roscoe Picoltrane, lo sceriffo più demente di Hazard).

venerdì 5 dicembre 2008

L'alba dei pupazzi viventi

Benvenuti nello spazio, benvenuti su Falkor, il serpentone temporale governato dall’agenzia “CanidaRiporto”. La nostra agenzia si occupa “ufficialmente” del recupero e della catalogazione di oggetti provenienti dal passato. Fluttuano nelle nostre menti, riposano negli scatoloni, compaiono in vecchie foto: sono mercanzie scomparse dagli scaffali, oggetti di culto dimenticati, gadget inimitabili, prodotti caduti in disuso e giocattoli abbandonati. Abbiamo già sguinzagliato i nostri migliori agenti, siamo in attesa di ricevere i primi reperti.

L’alba dei pupazzi viventi

Cari amici del pianeta Terra, qui su Falkor stiamo trascorrendo ore davvero concitate, ore di frenetica attesa. Due dei nostri migliori agenti stanno per fare ritorno con dei reperti davvero eccezionali, degli oggetti che non mi sento affatto di chiamare così, perché sono parte di me e sicuramente anche parte di voi. Essi vivono! Uno di loro entrerà in pianta stabile nel nostro organico: non vi nascondo l’emozione (anche perché non saprei dove metterla).

Ma bando alle ciance, Tequila e Beethoven sono arrivati e con una delicatezza di cui non li credevo capaci, accompagnano i tre “ospiti” di oggi. Il primo signori è fucsia, ha delle enormi sopraciglia e ha le sembianza di un cane! E’ Uan (italianizzazione di One) la mascotte di Italia 1 e soprattutto del programma Bim Bum Bam. Con lui, dal 1983 al 1999, i nostri pomeriggi sono trascorsi tra mille gag e indimenticabili parodie (Uanatan e Bat Roberto per citarne due), soprattutto nel periodo in cui affiancava Paolo (Pìolo)Bonolis. Il pupazzo Uan era animato dal Gruppo Ottanta con la voce di Giancarlo Muratori, ma dopo la morte di quest’ultimo il doppiaggio è stato affidato a Pietro Ubaldi (già doppiatore di Four ricordate?), chi di voi non se n’era accorto?
Una curiosità: nel 2001, i pupazzi Uan, Four e Five (simbolo di Canale 5, doppiato da Marco Columbro) furono donati alla Scuola di Arte Drammatica "Paolo Grassi" di Milano. La notte del 15 ottobre 2005, i tre pupazzi furono rubati e ancora oggi rimane un mistero la loro sparizione, aggravata anche dal fatto che, essendo di fattura artigianale, ne esistono pochissime copie.

Il secondo è un ospite davvero speciale: un corvo nero antropomorfo e per giunta in frac. E’ Rockfeller il pupazzo animato dal celebre ventriloquo Josè Luis Moreno. Divenne famoso negli anni ottanta grazie alle sue tremende battute sui politici e i vip dell’epoca. Ogni tanto interrompeva le sue performance con una pernacchia (ottenuta storcendo la metà superiore del becco dalla parte opposta rispetto a dove si posizionava quella inferiore) o con un grande “oooh” alitato, o ancora avanzando equivocamente il bacino. Quanti bei ricordi! E’ stato ospite fisso della trasmissione Pentathlon di Mike Bongiorno, ha inciso dischi e cantato sigle di programmi storici come Domenica In, Fantastico e Serata d’onore e nel 1985 è diventato anche uno dei nostri giocattoli preferiti. Insomma, è stata una Rockfeller-mania.

Il terzo ed ultimo “non oggetto” di oggi è una rana e ha due palline da ping pong che gli fanno da occhi: Kermit vi dice qualcosa? Forse, se fosse accompagnato dalla sua fidanzatina Miss Piggy o dall’alieno Gonzo sarebbe più facile ricordare, ma di certo nessuno può essersi dimenticato dei Muppet. Creati da Jim Henson, in un batter d’occhio conquistarono con il loro Muppet show prima gli Stati Uniti, poi il Regno Unito e infine gran parte del resto del mondo. Il nome muppet, per ammissione dello stesso creatore, deriva dalla combinazione di marionette (marionetta) e puppet (pupazzo)
I muppet si distinguono dai pupazzi dei ventriloqui, che solitamente muovono solo la testa e la bocca o le braccia, perché spesso l'intero corpo del muppet è mobile ed espressivo. Solitamente sono fatti di materiali morbidi. Il burattinaio o i burattinai che li comandano sono sempre nascosti.

Vorrei tanto continuare a parlarvi di loro, ma l’agenzia, come al solito, deve riprendere le ricerche: altri oggetti devono essere riportati alla luce! Buone feste a tutti!

lunedì 3 novembre 2008

Game Over

Benvenuti nello spazio, benvenuti su Falkor, il serpentone temporale governato dall’agenzia “CanidaRiporto”. La nostra agenzia si occupa “ufficialmente” del recupero e della catalogazione di oggetti provenienti dal passato. Fluttuano nelle nostre menti, riposano negli scatoloni, compaiono in vecchie foto: sono mercanzie scomparse dagli scaffali, oggetti di culto dimenticati, gadget inimitabili, prodotti caduti in disuso e giocattoli abbandonati. Abbiamo già sguinzagliato i nostri migliori agenti, siamo in attesa di ricevere i primi reperti.

Game Over

Gratta di qua, gratta di là, gratta di su e gratta giù: benedetto Falkor, tutta l’estate a grattarti dietro le orecchie, non mi avrai mica preso i pidocchi!? Beh, in fondo poco importa, è da quando ti ho visto per la prima volta svolazzare ne “La storia infinita” che sognavo di farlo! E voi? No, non cerco altre mani addette al prurito. Dico, e voi, come avete passato l’estate? Quassù naturalmente sono continuati a piovere reperti di ogni sorta: bambole di pezza, merendine, sussidiari, pistole ad elastici, adesivi profumati e quant’altro. Tutta roba d’altri tempi, s’intende, roba che i nostri agenti hanno pescato nei dimenticatoi collettivi, nella pancia di un passato sempre più affamato.

Ecco spiegato perciò, il motivo per cui mi ritrovo tra le mani un joystick e Space Invaders: Rex ha provato in tutti i modi a governare il cannone, ma benedetto cane, non ha le dita! E’ il 1978 quando la Taito lancia questo videogioco arcade dall’utilizzo molto semplice: un cannone mobile che si muove orizzontalmente sul fondo dello schermo, e deve abbattere uno ad uno gli alieni che pian piano si avvicinano alla terra. La difesa del pianeta si fa sempre più difficile e attenzione a non farsi disintegrare il cannone: è un gioco di zig-zag, di riflessi e pure di pazienza, ma soprattutto, questo “sparatutto” a schermo fisso è diventato nel giro di breve tempo un videogioco da 500 milioni di dollari di fatturato! Cari i miei invasori! Sì Rex, ora giochi tu, ma non sbavare!
Io, nel frattempo, mi avvicino al secondo reperto facendo un po’ di stretching alle dita: è passato solo un anno, siamo nel 1979, quanto la Atari risponde da par suo con Asteroids: altro “sparatutto” a schermo fisso, nel quale una navicella è intrappolata tra migliaia di asteroidi che le vengono addosso ad una velocità sempre più elevata. E allora, fuoco! Fuoco, sì, ma “ocio” ai frammenti: sono dappertutto!

Ok, adesso basta coi venti di guerra: Flash, vieni qui bello (si fa per dire), cos’hai lì? Tah-daaa! Il mitico Pac-man! Si d’accordo è una palla, ma non è per te Flash. Questo strano personaggio ci inghiottiti per anni nei suoi labirinti, per ore ed ore lo abbiamo guidato attraverso colazioni, pranzi, cene di puntini, stando ben attenti a non farsi toccare dai fantasmi (è chiaro), però, se si arriva alle power pills, beh, allora non ce n’è più per nessuno. Quindi, via verso l’infinito e anche oltre? Neanche per sogno: al livello 256 un bug mette fine al gioco rovinando di fatto la carriera ai campioni di domani.

Neppure il tempo di piangere la morte (apparente) dell’eroe giallo, che Frank (ah, benedetto Frank) mi compare dinnanzi con una console Nintendo e il suo videogames principe. Siamo del 1985, Mario e Luigi due fratelli idraulici di origine italiana si lanciano nella disperata impresa di salvare una delle tante principesse sulla piazza: è Super Mario Bros. Mario l’eroe coi baffi e la tuta da lavoro rossa (verde per Luigi, che però non fa tendenza), tra funghi buoni e funghi cattivi, tra castelli e fognature, tra nuvolette e lava incandescente: un personaggio immortale che arriva fino ai giorni nostri. Tecnicamente si passa dallo schermo fisso (alla space invaders) a quello a scorrimento (sempre avanti indietro non si torna) e attenzione: scompare o quasi il buon vecchio joystick, il futuro è del gamepad.

Tutte queste emozioni mi riportano indietro negli anni, direttamente in pieno boom anni ottanta. Non occorrono reperti per rivedermi seppellito dal fumo delle sigarette, farmi largo con una manciata di gettoni in una sala giochi stretta stretta. Di quel periodo, uno per tutti e tutti per uno: Double Dragon (e capitoli successivi). Il 1987 è un anno che “picchiaduro”! I protagonisti sono altri due fratelli: Billy e Jimmy Lee (il primo vestito di blu, il secondo di rosso), discendenti della scuola di arti marziali Sou-Setsu-Ken, che vedono rapita l'amica Marian dai Black Warriors come oggetto di riscatto per ottenere i segreti della loro disciplina. I due fratelli iniziano la loro avventura a mani nude nell'intento di sgominare i Shadow Warriors e liberare Marian. Da soli o in “doppio” sono botte da orbi. Siete sicuri che erano solo amici?