mercoledì 18 febbraio 2009

Operazione gola profonda

Dieci anni fa quattro componenti di un’agenzia operante in Vietnam e specializzata nel recupero di oggetti appartenenti al passato vennero condannati ingiustamente da un tribunale militare. Evasi da un carcere di massima sicurezza si rifugiarono a Los Angeles vivendo in clandestinità. Sono tuttora ricercati, ma se avete un ricordo che nessuno può confermare e riuscite a trovarli, allora potete ingaggiare i famosi CanidaRiporto.

Operazione gola profonda

Cari amici, un altro mese di latitanza ci è passato sotto il naso come una misera scatoletta ragù da ripulire ed oggi siamo nuovamente qui a rendervi partecipi delle nostre avventure. E dei nostri guai. Dovete sapere (ma non ditelo in giro) che qualche giorno fa una fantomatica agenzia paragovernativa ci ha coinvolto direttamente in una segretissima operazione denominata “Gola profonda”. Le cose sono andate più o meno così. Giovedì sera eravamo tutti e quattro acquattati nel sottoscala di un condominio sporco e malfamato affamati come Pinocchio nello stomaco della balena e così abbiamo deciso di fare una colletta per farci una bella pizza formato famiglia: una peperoni e salamino abbondante mozzarella. Davvero un’ottima idea. Peccato però, che della pizza non abbiamo nemmeno vista l’ombra (ma com’è poi l’ombra di una pizza?), al suo posto ci hanno consegnato un plico di documenti tutto ammuffito e una busta gialla contenente le istruzioni del caso, che si sarebbe auto distrutta in dieci secondi (non fosse stato che l’ho fatta in mille pezzi in tre secondi netti!). L’agenzia vuole far luce sulla scomparsa dagli scaffali italiani di alcune bevande che negli anni passati avevano fatto breccia nel cuore (e negli stomaci) di milioni di ragazzini e per farlo si rivolge a noi e alla nostra esperienza nel settore. Naturalmente niente si fa per niente: il nostro premio è la fine delle latitanza, la vera libertà, la quale val bene una pizza (anche formato famiglia).

Orbene, bando alle ciance, vi illustriamo subito il primo reperto incriminato: si tratta del mitico succo di frutta Billy. Ha accompagnato le merende di migliaia di giovani negli anni ottanta e se n’è andato lasciandoli traumatizzati nei primi anni novanta (da allora anche le Girelle piangono). Ufficialmente era al gusto arancia (anche rossa), ma il sospetto che del prezioso nettare non contenesse alcuna traccia è davvero molto (molto) forte. C’è chi lo ricorda in un cartoncino metallizzato (parente dell’attuale tetra pack?) e avvolto un leggero cellophane che aveva l’importante compito di preservarne la freschezza. C’è chi sta ancora ridendo a crepapelle per via delle barzellette che raccontava quel ragazzino in una delle sue famose pubblicità. Di certo è stato il primo succo ad avere la cannuccia pieghevole (molto scadente per la verità) e in quegli anni si poteva trovare anche nella fantastica versione “Portabilly”, che consentiva di averlo sempre con sé. Ma allora, perché è scomparso? Che cosa conteneva in realtà? Amianto? Uranio impoverito? Sangue di topo? (ah no, quelle erano le Big-bubble). La verità potrebbe riguardare i coloranti, i quali sarebbero stati giustamente banditi dalla Comunità Europea. Ma allora, perché non sono stati sostituiti? Non potevano spremerci dentro qualche arancia? Non lo sapremo mai, ma pare che qualche brick si trovi tuttora in un polveroso scaffale dell’Area 51.
Del secondo reperto credo invece, che nessuno ne stia sentendo la mancanza: è la Dr Pepper, la bevanda gassata e analcolica più antica degli Stati Uniti (dove è tuttora sulla cresta dell’onda). In Italia ha fatto una breve apparizione tra la fine degli anni ottanta e gli inizi dei novanta (guarda caso proprio quando scomparve Billy) e in internet si possono ancora trovare foto di bottiglie di vetro clamorosamente vuote e terribili racconti di montagne di stomaci in disordine. Forse per quest’ultimo motivo circolano testimonianza piuttosto discordanti sul gusto del miracoloso nettare: “Sapeva di sciroppo per la tosse”, “Era come un misto tra la Coca-cola e un succo di mandorle”, “Calda, era appiccicosa e si attaccava al palato”, “Aveva un gusto dolciastro, meglio il Chinotto”. Si dice che avesse ben ventitre ingredienti diversi e che fosse stata inventata come tonico medicinale (ma non è stato così anche per la Coca-Cola?). Nessun rimpianto dunque, ma come spiegare la misteriosa scomparsa? Un semplice “buco nell’acqua” a livello commerciale oppure anche qui c’è lo zampino della Comunità Europea a caccia di coloranti potenzialmente pericolosi? Questo spiegherebbe anche l’assenza nel nostro mercato di bevande abbondantemente diffuse oltre oceano come la Coca al Cherry, la Cherry e Vaniglia, la Cherry e Cioccolato, la Rosso Fusion (al mirtillo?), quella allo Sciroppo di Mais e quella al sapore (tenetevi forte) di Bacche di Pepe e Panna (bleah!).

Poco male però, anche il terzo reperto ha a che fare direttamente con il mercato italiano e anch’esso risale agli anni novanta: è la One-o-One, la bibita che osò attaccare il consolidato predominio della regina Coca-Cola. La San Pellegrino, infatti, servendosi tra l’altro di una delle più grandi campagne pubblicitarie di tutti i tempi (ve lo ricordate l’attore David Naughton?), lanciò in quegli stessi anni una bevanda dal colore caramello e dalla lattina rossa (guarda caso diventata poi bordeaux), il cui gusto rispecchiava in parte quello della super potenza americana. In pratica si trattava di una cola svampita, che ebbe un discreto successo di pubblico, ma che con ogni probabilità incontrò la dura opposizione del cartello Coca-Cola, la quale, seppur segnata dal confronto con la Pepsi, ne uscì comunque vittoriosa. Nessun colorante incriminato in questo caso, ma un semplice confronto: il Davide di turno è uscito con le ossa rotte dal confronto con il gigante Golia. Che altro dire? Alla prossima dunque! Sperando di potervi dare altre importanti notizie….

Starring: Has Findanken (star canina super addestrata del Drive-In), Tequila (il cane parlante de “Tequila e Bonetti” doppiato dal mitico Ferruccio Amendola), Lassie (il cane che torna sempre a casa) e Flash (il furbissimo cane di Roscoe Picoltrane, lo sceriffo più demente di Hazard). Canidariporto@gmail.com

Nessun commento: